Non ditemi che non siete raggianti, che non siete saltati dalla sedia, che non avete gridato il nome dell’Italia a squarciagola! L’italia è campione del mondo di calcio per la quarta volta, un traguardo che ha a parte il grande valore sportivo, ha ripercussioni commerciali incalcolabili! L’Italia è in ascesa e non solo in campo sportivo. Sono certo che i più avventurieri di voi non si sono persi le celebrazioni da Figo Pasta, Baraonda e Fritti, organizzate dai rispettivi proprietari Sandro, Mario e Costanzo e il gasatissimo Riccardo Ullio che ha praticamente regalato ai tifosi il patio di Fritti, inclusa una selva di sedie e tavoli sui quali più o meno tutti sono saliti a sbandierare e a saltare di gioia. Fracasso, ritmi improntati con piatti, forchette, bicchieri e bottiglie di birra. Alla fine persino un’innaffiata di spumante Italiano sulle teste degli astanti, con Riccardo alla testa del rinfresco, stile Formula Uno. Gioia e tripudio dei tifosi per una vittoria agognata e, per certi versi inaspettata.
Finale difficile e lenta, per quanto partita ricca di emozioni, che ha visto l’Italia attaccare intensamente nel primo tempo, poi ripiegare in difesa nel secondo, probabilmente per stanchezza, forse sperando di sorprendere la difesa francese, e la Francia che nel secondo tempo e nei supplementari ha assediato la porta italiana per oltre un’ora, senza grandi risultati, ma producendo almeno due occasioni-goal da brivido. Un rigore dubbio, assegnato con una certa leggerezza, ed un goal spettacolare annullato agli italiani (per fuori gioco) lasciano l’unico autentico goal della partita a testimone del merito degli Italiani. Una partita tutto sommato ineccepibile, se escludiamo l’episodio Zidane. Certamente, tutt’altra cosa sarebbe stato ottenere una vittoria senza andare ai rigori, ma non mancheranno le occasioni per una più netta vittoria con la Francia. La nostra è una squadra giovane. Quella francese è una squadra che deve rimpiazzare numerosi giocatori, per cui la congiuntura è in nostro favore. Meriti a parte, bisogna ammettere che, come del resto nella vita, nello sport ci vuole un pizzico di fortuna. Nel suo ultimo lavoro (Match Point) Woody Allen ha offerto un’interessantissimo spaccato del mondo della competizione e del ruolo della fortuna nella vita. Un anello, una prova incriminante gettata nel fiume, rimbalza sulla ringhiera e, alla stregua di una palla che sobbalza sulla traversa, non arriva a destinazione. Così il risultato cambia. Fortuna o errore? Destino o fatalità? La vita, non fermandosi a pensare, come invece facciamo noi, ha l’abilità di contenere ogni tesi ed antitesi allo stesso momento. Impossibile stabilire una piattaforma, credetemi! Incidentalmente, il film parla del costo da pagare per chi trucca e non osserva le regole, il che mi rammenta della partita per il terzo e quarto posto, dove si è visto che il Portogallo non è materiale da quarti di finale. La Germania ha avuto gioco facile contro una squadra arrivata ai quarti con l’aiuto del fato.
Questo non è il caso dell’Italia che merita la vittoria ottenuta, innanzitutto per una condotta esemplare in campo durante tutto il torneo, specialmente se prendiamo ad esempio l’appena citata squadra, o peggio, la deplorevole conclusione di Zidane, che all’ultimo momento della partita perde le staffe e da una testata a freddo ad un nostro giocatore. Terminare una carriera come la sua con un cartellino rosso? Secondo me i Francesi hanno un po’ da dover ripensare a come presentarsi su un’arena internazionale con un uditorio di proporzioni bibliche. È stato stimato che più di un miliardo di spettatori abbiano guardato la finale. Al confronto, 19 milioni di persone guardano la finale di Baseball dei World Series, ben cinquanta volte meno. In America il calcio è ancora uno sport secondario (still a niche activity). Ma, internazionalmente, a meno che non atterrino gli extra-terrestri, non vedo come un evento possa avere maggiore risonanza.
Ma quel pizzico di fortuna, necessario quando si va ai rigori – una procedura che tutti detestano perchè è una vera e propria lotteria – nulla detrae ai meriti degli Italiani che, con una difesa esemplare, un portiere sveglio e capace di grandi prodezze e un attacco capace di sorprendere tutti (vedi gli ultimi minuti della partita contro la Germania) hanno dato movimento a questa indimenticabile Coppa del Mondo. Che l’Italia avesse delle chances, lo sapevano tutti. Ma la stampa internazionale ha trattato l’Italia come una squadra secondaria. Così persino una ininterrotta serie di vittorie come la nostra non ha convinto tutti. Ma noi italiani, noi italici, nati in una terra che esprime i suoi valori artistici in ogni cosa che inventa, dalle pizze alle crezioni di Ferrragamo, dall’espresso all’opera, sappiamo bene che fatica è prepararsi per competere a livelli mondiali. Gli italiani lo fanno ogni giorno, nel lavoro come nell’arte. Persino nelle stupidaggini, sono dei perfezionisti. Ed è dimostrato che il lavoro duro alla fine paghi. È pertanto con grande orgoglio che possiamo dichiarare: siamo campioni del mondo! Alla fine, persino la fortuna ha un ruolo secondario se riflettete al durissimo lavoro di preparazione necessario per arrivare ai mondiali e battere squadre del calibro della Germania.
La metafora e’ presto emulata. A tutti voi che ogni giorno vi svegliate per pensando ai perfetti ingredienti per un lavoro esemplare, a voi tutti che leggete queste mie elucubrazioni, va il mio più profondo rispetto per chi siete e per lo sforzo da voi profuso nel portare avanti un nome come il nostro. Vorrei auspicare che il realizzare che genere di responsabilità etica accompagna l’essere campioni del mondo, vi segua dove andiate. E tempo d’esser fieri d’indossare il tricolore.
Ma prima di passare alla sezione informativa del bollettino, lasciate che accenni ad un meno appariscente valore del gioco del calcio, un valore del quale spesso ci dimentichiamo. Il calcio è uno dei pochissimi sport capaci di unificare le classi sociali. Se ci pensate bene, è il momento in cui tutti, dall’operaio al figlio di papà, dal disoccupato al capo d’industria, si dimenticano delle loro differenze e si ritrovano a tifare insieme e a gioire degli stessi sentimenti. È successo da Fritti dove perfetti sconosciuti si sono abbracciati come dei vecchi amici. La cosa non si ferma qui se pensate alla vasta partecipazione di americani che, per passione o per pura curiosità, sono venuti a guardare lo spettacolo dei tifosi italiani. E che ne pensate delle telefonate che ho ricevuto da un paio di amici francesi per scusarsi del comportamento di Zidane, o il cuoco di Sotto Sotto, sfegatato tifoso Portoghese, che mi ha complimentato per la vittoria sapendo che non apprezzo molto la sua squadra. Ditemi se questi non sono esempi di grande civiltà? Ebbene, sostengo che il calcio è capace di avvicinarci e di farci capire che dall’altra parte di una vittoria come la nostra ci stanno squadre e tifosi con i nostri stessi sentimenti. Il fatto è di per se toccante. È per questo che vorrei ringraziare tutte le squadre e tutti gli sportivi per aver dato vita a questo incredibile spettacolo.
Per quel che riguarda Zidane, è stato un evento infelice, ma tutto sommato incapace di danneggiare l’immagine di questo sport. È chiaro che il calcio non è uno sport per gente fragile. Per giocarlo ci vogliono gambe di acciaio, polmoni interminabili e sangue freddo da qui alla Florida. Lo scontro fisico è di prammatica. Ma esso rimane legato a regole precise. Si interviene sulla palla, non sul giocatore. Persino il sangue caldo dei Francesi – carattere che ho sperimentato di prima persona durante due anni trascorsi a Parigi a studiare – è un aspetto che avvicina gli italiani ai francesi più che dividerli. I Francesi sono dei passionali e dei sofisticati al contempo, altrimenti come farebbero a produrre sublimi vini e Champagne, ineffabile poesia (Prevert et Elouard), i migliori formaggi del pianeta e una tecnologia delle telecomunicazioni che è l’invidia del resto mondo? Chi può capirli meglio di chi è cresciuto in un mondo (siciliano) dove le donne che hanno voluto emanciparsi a modello delle donne francesi sono state additate per mezzo secolo come delle sbandate? Non dimentichiamoci di cosa dobbiamo ai Francesi! L’errore di un uomo non è l’errore di una nazione, altrimenti come la mettiamo con quel disastro di George Bush?
Ma questa non vuole essere una speculazione del lunedì. A ragione, qui chiamano le congetture Monday-morning-quarterback analyses, un’espressione che rende perfettamente l’idea della risibilità dell’umana abitudine di far supposizioni su quel che è già accaduto. Il fatto è: abbiamo vinto!
Per cui, cari amici, godetevi la vittoria e d il ricordo di aver messo per quattro settimane tutto in secondo piano, mandando lavoro ed impegni a quel paese. Godersi un pezzetto d’Italia da questa parte dell’oceano – e chi se lo può permettere? Nel porgervi cordiali saluti, anche a nome dell’intera commissione direttiva, rimando il proseguo del dibattito calcistico ai prossimi incontri di Ciancia.
Vostro, Giancarlo Pirrone